Quando devo dirlo in giro è strano. "Sono un arbitro di calcio". La cosa che viene subito in mente è "quanti insulti ha ricevuto durante le partite". La domanda spontanea è: che gusto c'è a fare l'arbitro? Caspita se c'è gusto!

L'arbitro può essere visto come una persona strana, quasi triste, proprio per questo suo essere oggetto di critiche, spesso pesanti, provenienti dall'esterno. Ma non è così, o almeno, non è solo questo. Appena ho compiuto 15 anni ho iniziato a girare per i campetti della regione, ogni domenica, con il fischietto in bocca e la mia divisa fluo addosso. Domeniche pomeriggio passate a "dirigere" 22 giocatori che corrono dietro ad un pallone. A pensarci potrebbe essere una cosa stupida, da "sfigati", e come potrei biasimarvi. Non c'è scusa che regga. Pioggia, freddo, neve, afa. Si è comunque lì, in mezzo a un campo di periferia, spesso da soli, a cercare di essere il più concentrati possibile per evitare errori, per compiere al meglio il ruolo di "garanti" delle regole del gioco del calcio. Ma l'arbitro è molto di più che un semplice giudice imparziale. E' una persona con tanti impegni che si ritaglia del tempo per portare avanti una vera e propria passione, quella per il calcio. 

Potrei usare milioni di citazioni di altri arbitri per spiegare cosa vuol dire far parte dell'Associazione Italiana Arbitri, ma solo questa, del mio idolo Nicola Rizzoli, è efficace: «Quasi tutti quelli che parlano di calcio hanno giocato a calcio almeno una volta nella vita. Quasi tutti quelli che parlano di arbitri non hanno mai arbitrato una partita nella loro vita.» Solo dopo la lettura del libro di Rizzoli "Che gusto c'è a fare l'arbitro?" ho deciso di iscrivermi al corso e devo dire che è stata una delle scelte più belle della mia vita. Come dicevo prima, Rizzoli per me è un idolo perché è uno che ce l'ha fatta. Ha arbitrato la finale della Coppa del Mondo del 2014, allo stadio Maracanã di Rio de Janeiro, senza dubbio l'impianto più bello del mondo in ambito calcistico. Ma nonostante ormai sia entrato nella storia dell'Associazione, Nicola ha iniziato esattamente come me, da giovanissimo e, solo dopo una lunga gavetta, fatta di molte soddisfazioni, ma anche di delusioni, è arrivato sul tetto del Mondo. Con questo non dico che io voglio diventare come lui, ma d'altro canto è straordinario pensare come in questa associazione tutti devono fare la medesima strada per poter raggiungere un determinato traguardo. Siamo tutti uguali, una grande famiglia che, come dicevo prima, domenica dopo domenica, macinando chilometri, cartellini ed errori, costruisce il proprio futuro.

Altra piccola, ma imprescindibile cosa è che, senza un arbitro, le partite non si possono giocare. Questa centralità del ruolo dell'arbitro mi ha sempre gasato, esattamente come quella di essere chiamato "signore". La cosa fa ridere. I giocatori sono i primi ad insultarmi, a dire che sto sbagliando, magari anche in modo brusco, violento, ma quando protestano lo fanno sempre dandomi del "lei". E' un paradosso. Un po' come essere arbitro. E' un paradosso perché mi diverto a farlo e nessuno si divertirebbe mai a fare una cosa che implica l'essere insultati, correre in pantaloncini corti sotto una fitta nevicata, farsi la doccia nei peggio spogliatoi, e molte altre cose sgradevoli, ma tutto ciò è straordinariamente romantico. Il calcio è romantico e io ne sono follemente innamorato.

Ho trovato sul mio cammino all'interno dell'AIA delle persone splendide, colleghi arbitri, osservatori e dirigenti che mi aiutano a migliorare con critiche costruttive, e a tutti loro va il mio grazie. Inoltre un'altra persona che devo ringraziare è mio padre, Raf, che, visto che non ho la patente, tutte le domeniche mi accompagna alle partite. E' sempre lì in tribuna a prendersi del gran freddo (poi Raf è uno freddolosissimo), ma gli piace. Lo ritengo il mio osservatore personale. E' il primo che mi fa notare gli errori quando sbaglio, ma sapere che se alzo lo sguardo sugli spalti incrocio sicuramente il suo è una cosa che mi rasserena sempre, anche se in quel momento stessi arbitrando la peggior partita della mia vita. Quindi grazie Raf, e continua a venire allo stadio anche quando prenderò la patente, la tua poltroncina ghiacciata sarà sempre lì che ti aspetta.

Signor Rati della sezione di Imperia


Filippo


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