So in chi ho creduto

11 MARZO 2024


"Sacerdos, celebra Missam ut primam, ut ultimam, ut unicam" è un'espressione che si trova spesso nelle sacrestie delle nostre chiese. Questa frase è diventata, dalla prima volta che l'ho ascoltata in un'omelia del mio Vescovo Antonio Suetta - e che potete trovare nel suo nuovo libro "So in chi ho creduto" edito da "Il Timone" - segno della scoperta di aspetti nuovi della vocazione sacerdotale che il Signore, come succede nelle relazioni più preziose, mi fa conoscere nel fiorire dei tempi. Durante gli esercizi spirituali ai quali ho partecipato durante la prima settimana di Quaresima insieme agli altri seminaristi, ad una parte dei sacerdoti di questa diocesi e al Vescovo, ho fatto ancor più esperienza del grande mistero del sacerdozio comunicato da Cristo agli Apostoli e alla Chiesa in occasione della Cena Pasquale mangiata con i Suoi prima dell'arresto che dà inizio alla Passione.

La celebrazione della Santa Messa quotidiana, durante la settimana degli esercizi, ha reso in me evidente che, come suggerisce San Giovanni Maria Vianney, "Se il sacerdote stesso capisse cosa succede per mezzo della Consacrazione Eucaristica, ne morirebbe". L'Eucaristia diventa così il culmine naturale non solo della vocazione sacerdotale, ma soprattutto della vita della Chiesa, della chiamata di ogni battezzato ad esercitare, in virtù del battesimo, il munus sacerdotale di Cristo e della richiesta incessante della storia di essere salvata, perché "Niente rimpiazzerà mai una messa per la salvezza del mondo".

La voce dei sacerdoti che si unisce in unico canto nelle parole stesse di Cristo "Hoc est enim Corpus meum", le ginocchia piegate di chi ancora non può stendere le mani - come Cristo ha fatto sulla Croce - per la consacrazione, la fraternità e l'amicizia che si approfondivano quotidianamente, hanno provocato in me la consapevolezza di essere di un Altro, di vivere per un Altro, di volermi unire ad un altro regno, poiché "dopo la consacrazione Dio è qui come in Paradiso", e non si può che essere attirati da questo avvenimento. Se uno non appartiene a niente, e questo è il grande dramma dell'oggi, non è niente. Così mi sono chiesto se anche questi amici sacerdoti si sentano continuamente voluti, se vivono il ministero e la loro esperienza di uomini nell'orizzonte di una dipendenza da un Altro, di un'appartenenza che possa permettere ad ognuno di dire "coraggiosamente Io", come suggerisce Kierkegaard. L'interrogativo ultimo diventa: Cristo è veramente origine e compimento della nostra storia?

Come abbiamo sottolineato, "l'io umano dipende, e dall'esperienza l'uomo enuclea l'esigenza e l'evidenza di una dipendenza totale". Ma questa consapevolezza non può essere data per scontata. Deve assumere le giornate in tutti gli aspetti: non solo quando la preghiera è più alta da far diventare il dialogo con il Mistero parola e domanda, ma soprattutto nelle relazioni, nello sguardo sulla Realtà, nel desiderio di paragonare tutto con l'avvenimento più inaspettato e decisivo della vita: Dio che si fa uomo.

In definitiva si può dire che la nostra Fede, fondata sulla promessa del Dio fatto uomo di "avere il centuplo quaggiù e la vita eterna" (cfr. Mt 10,30), vale solo se investe la consistenza ultima del cuore, ossia il desiderio di felicità insito in ognuno. Il fatto religioso perciò non può restare aggrappato ad una struttura fatta di apparenza e fideismo, ma si deve tradurre nel Credo, simbolo di tutta la Rivelazione e della mia personale, fino all'incontro con l'unico che nella storia del mondo ha detto "Io sono la Verità" (cfr. Gv 14,6), paradigma di "Io sono" la tua esigenza di felicità, di bellezza, di giustizia e di amore. Le alternative sono solamente due: o è vero, e questo comporta che quell'Uomo, Gesù, il figlio di Maria e del carpentiere Giuseppe, diventa inevitabilmente la destinazione di tutto il mio sforzo umano, oppure è falso, e quel ragazzotto di Nazareth rimane uno tra tanti. "​​Un buon camerata carpentiere. Tra tutti gli altri camerati".


Filippo


Presa di Cristo nell’orto, Caravaggio - National Gallery of Ireland, Dublino
Presa di Cristo nell’orto, Caravaggio - National Gallery of Ireland, Dublino

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