Una passione per la gloria di Cristo
6 OTTOBRE 2023

Quest'anno mi è stato chiesto di curare la nuova edizione del Monastero invisibile, la rete di preghiera nata per sostenere il nostro Seminario diocesano e le vocazioni alla vita sacerdotale e consacrata. Per questo ho avuto la premura di spiegare il perché del Monastero invisibile e della vocazione, intesa come struttura principale della nostra vita. Per riflettere su ciò vorrei proporre la domanda fondamentale del "cuore", che Leopardi sintetizza con poche sconfinate parole «Ed io che sono?» (Canto notturno di un pastore errante dell'Asia).

Ad inizio ottobre mi è capitato di assistere alla celebrazione dei funerali di don Pino De Bernardis, un sacerdote di Chiavari morto all'età di 90 anni dopo aver dato tutto a Cristo e ai fratelli, soprattutto ai giovani. Quello che mi ha colpito di più non è stato il numero spropositato di amici accorsi alla Cattedrale di Chiavari, la bellezza dei canti o la profondità dell'omelia di Mons. Sanguineti. Ciò che mi ha attirato e attivato il cuore è stata la domanda, sentita durante la proclamazione del Vangelo, che Cristo, dopo la Sua Risurrezione, fa a Pietro: "Mi ami?" (Gv 21,15). Quante volte abbiamo sentito questo versetto? Probabilmente un migliaio, eppure quelle due parole penetrano sempre nel mio cuore e lo impressionano.

Immaginiamo come si deve essere sentito Pietro in quel momento: aveva davanti a sé Cristo risorto, che aveva tradito ben tre volte, e che quel giorno lo aveva raggiunto sul mare di Tiberiade, dove l'Apostolo era tornato a fare il pescatore. Pietro, tornando a fare il pescatore, aveva riabbracciato il suo passato, aveva messo da parte l'esperienza più fondante della sua vita: l'incontro con il Signore. Ma in quel "Mi ami tu?" e in quello sguardo tornava ad emergere l'interrogativo fondante del suo e del nostro cuore: «Ed io che sono?».

Che cosa sono di fronte a Gesù che mi chiede se lo amo più degli altri, più di ogni cosa, e soprattutto più di me stesso e della mia meschinità. Sono una sproporzione: ho paura di accorgermi di non essere chi penso di essere e ho desiderio di scoprirmi ancora di più, ho paura che le cose non vadano nel modo che immagino e ho il desiderio di lasciarmi stupire da quello che verrà, ho paura di non riuscire o non essere capace e ho il desiderio di mettermi in discussione. Solo in questo divario dell'umana condizione possiamo concepire la vita come vocazione, ossia seguire il Signore oggi vivendo intensamente il Reale.

La vocazione è semplicemente, tornando all'esperienza di Pietro dopo quel pranzo sulle rive del Tiberiade, dire di sì all'ultima parola che Cristo fa risuonare nel suo cuore: «E, detto questo, aggiunse: "Seguimi"» (Gv 21,19). Questo è il metodo della vocazione: seguirLo. Il Monastero invisibile è un aiuto a tenere sempre fisso lo sguardo su Cristo come centro della nostra vita e della nostra vocazione, qualunque essa sia (sacerdotale, matrimoniale o consacrazione religiosa); un chiedere nella preghiera uno sguardo premuroso del Signore su noi e la nostra meschinità, che Cristo ha portato con sé sulla Croce per farci vivere in una dimensione nuova, la Sua gloria, di cui, indegnamente, siamo chiamati a far parte, e della quale vogliamo appassionarci sempre più.


Filippo


La flagellazione di Cristo, Caravaggio - Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli
La flagellazione di Cristo, Caravaggio - Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

Per scarica in pdf la versione completa del Monastero Invisibile


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