Pietro, pastore eterno
22 FEBBRAIO 2024

Oggi, 22 febbraio 2024, la Chiesa Cattolica festeggia la Cattedra di san Pietro Apostolo, al quale il Signore disse: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Nel giorno in cui i Romani erano soliti fare memoria dei loro defunti, si venera la nascita al Cielo di quell'Apostolo che trae gloria dalla sua vittoria nel martirio sul colle Vaticano ed è chiamato a presiedere la comunione universale della Chiesa.

Scoprendo il valore immenso di questa proposta liturgica che la Chiesa ci offre, vengo ancora più appassionatamente coinvolto per l'altra memoria che ricorre: il 22 febbraio 2005, infatti, sale al Cielo il Servo di Dio mons. Luigi Giussani. Non posso che sentirmi chiamato in causa poiché la mia storia vocazionale, la mia ragione di vita, il mio cuore tutto oggi si uniscono in un inno di gratitudine particolarmente soave; la Chiesa e colui che me l'ha fatta conoscere e amare profondamente, don Giussani, mi cantano "Christus vincit". Così nasce in me una posizione di riconoscenza grande "per il dono del carisma donato dallo Spirito Santo a don Giussani" (Intenzione della Messa proposta dal Movimento di CL) e per la Chiesa, Madre attenta e fedele. Ed io, figlio indegno, la voglio servire nei suoi pastori e nel Vicario di Cristo, simbolo visibile dell'unità della Chiesa che la storia del mondo non può toglierle e che ci invidia.

Per tornare all'origine di questo mio desiderio, ossia di farmi servo della bellezza che ha attratto più di tutte il mio essere, mi voglio porre l'interrogativo perentorio che Giussani propone nel terzo libro del PerCorso, "Perché la Chiesa?", «Io, che vengo il giorno dopo quello in cui Cristo se ne è andato, come faccio a sapere se veramente si tratta di qualcosa che sommamente mi interessa, e come faccio a saperlo con ragionevole sicurezza?». Giussani sottolinea spettacolosamente che per stare in una posizione ragionevole di fronte a questa enorme domanda, che tutti gli uomini si pongono dopo l'avvenimento di Dio fatto uomo, bisogna partire da Cristo stesso. 

Se Uno, nello scorrere dei secoli, dice "Io sono la Verità" (Gv 14,6), - ed è l'unico nella storia a dirlo - paradigma di "Io sono" il battito del tuo cuore, "Io sono" la tua esigenza di felicità, di bellezza, di giustizia e di amore, le alternative sono solamente due: o è vero, e questo comporta che quell'Uomo, Gesù, il figlio di Maria e del carpentiere Giuseppe, diventa inevitabilmente la destinazione di tutto il mio sforzo umano, oppure è falso, e quel ragazzotto di Nazareth rimane uno tra tanti. "​​Un buon camerata carpentiere. Tra tutti gli altri camerati." (Peguy). Questa è la libertà che ci viene proposta e l'alternativa che il mondo e la Chiesa devono fronteggiare. O siamo un popolo che vive la comunione, ossia una struttura nuova dell'Io in cui si appartiene a Cristo, Realtà che si compie nella Chiesa, Suo Corpo mistico, oppure la Cattedra di Pietro, per tornare alla Liturgia odierna, non vale niente. E questo aut aut non vale solo per chi non ha dato ancora risposta alla domanda di fede sul Dio fatto uomo, ma è il binomio a cui, tutte le mattine, chi si ritiene parte della Comunione cattolica è chiamato a riprendere: questa è l'appartenenza a Cristo e alla Chiesa.

O il mattino è segno di un'anfora vuota che solo l'amore del Padre può riempire, come suggerisce in una splendida canzone Adriana Mascagni, oppure nulla ha più senso, perché l'Io non si può fare da solo. Il "Sì" alla proposta di fede non è da pronunciare una volta per sempre, ma è continuare a vivere la vocazione incredibilmente sproporzionata di essere figli di un "Padre fedele" che ci ama fino a dare il suo Unico Figlio per la nostra salvezza. E' Lui per primo che afferma continuamente il mio esserci, il mio far parte della realtà. Ogni minuto c'è Uno che settanta volte dice "Sì" al battito del mio cuore: ecco lo stupore dell'umano.

Don Giussani, in questo quadro di appartenenza, ossia di proprietà di Dio che definisce l'autocoscienza, ha vinto con il suo sacerdozio e con la sua posizione desiderabile nei confronti della vita la mia tensione verso l'auto-compimento, verso la meschinità del farmi da solo. Grazie al suo stare di fronte alla Realtà e al Mistero che essa evidentemente cela sono riuscito anche io a dire il mio "Sì, lo voglio". Così mi trovo ogni giorno a ripetere questo assenso a tutto ciò che mi viene dato: in prima battuta a Cristo e alla Sua Chiesa di cui mi sento figlio amato.

La posizione definitiva di oggi, 22 febbraio 2024, è quindi quella della gratitudine, come accennavo all'inizio, per la santità della vita di don Giussani che è stato, sulle orme di Pietro, roccia che rende saldo il vivere e che edifica il Regno di Dio. E poi gratitudine per la consapevolezza che mi viene data di essere voluto da un Altro e di essere accompagnato in questa scoperta del Destino che fa le cose grazie alla compagnia salda ed eterna della Chiesa.


Filippo


La vigna rossa, Van Gogh - Museo Puškin delle belle arti, Mosca
La vigna rossa, Van Gogh - Museo Puškin delle belle arti, Mosca

Ho scelto questa tela di Vincent Van Gogh per accompagnare l'articolo su Pietro, primo pastore della Chiesa, poichè è spettacolare come il pittore olandese sottolinei l'instancabile lavoro dei vignaioli nel campo del signore. Facile il parallelismo con la parabola evangelica dei vignaioli omicidi e di come Gesù, riferendosi alla Sua Passione, si identifichi come "La pietra scartata dai costruttori, divenuta testata d'angolo" (cfr. Mt 21,42). Ancora più interessante, però, è notare come il sole, centrale in quest'opera, illumini l'orizzonte del quotidiano dando una sfumatura nuova alla vita dei servitori che, nonostante la fatica, alzando lo sguardo, possono prendere coscienza della bellezza in cui sono immersi. Questa bellezza è ovviamente il paradigma della santità della Chiesa e dei suoi pastori, che si sintetizza nelle prime parole da Romano Pontefice di Benedetto XVI, il quale si descrive come "Un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore".


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