Che senso ha il Tutto?

L'intelligenza umana e il Mistero in contrapposizione al meccanicismo psicologico di Feuerbach

4 MARZO 2024


In Feuerbach si afferma che è l'uomo a creare l'immagine di Dio. Questa posizione è evidentemente irragionevole poiché non si può essere sordi all'interrogativo religioso insito nell'esperienza umana di ogni epoca, riassumibile in "Che senso ha tutto?".

Il primo argomento che possiamo portare a favore della struttura religiosa in cui l'umano strutturalmente si orienta è il fatto imprescindibile ed incontrovertibile che l'Io non si può fare da solo. Questo fatto è riscontrabile sia da un punto di vista biologico, sia ontologicamente, sia nella dimensione spirituale con cui l'uomo dialoga. L'umano non può darsi il desiderio di felicità, di pienezza: in parole neotestamentarie di "Vita eterna". Sulla scia di quello che suggerisce Papa Francesco, si può dire che "oggi la questione che dobbiamo maggiormente affrontare non è tanto il problema di Dio – l'esistenza di Dio, la conoscenza di Dio –, ma il problema dell'uomo, la conoscenza dell'uomo e il trovare nell'uomo stesso l'impronta che Dio vi ha lasciato perché egli possa incontrarsi con Lui". In Feuerbach il meccanismo psicologico è in una posizione di preconcetto nei confronti del fatto religioso, non di libero studio dell'uomo e della sua spiritualità.

In seconda istanza possiamo affermare che l'unico atteggiamento serio, e di conseguenza, pienamente umano, con cui si può rispondere alla domanda iniziale "Che senso ha tutto?" è, al contrario dell'alienazione (la proiezione in un altro delle proprie caratteristiche) sostenuta da Feuerbach - e poi in aspetti dapprima orizzontali e solo successivamente religiosi da Marx -  lo stupore. Se l'Io si confronta per sua natura con questo interrogativo di senso e di scoperta, ecco che di fronte alla realtà non può che attuarsi uno stupore ultimo: lo stupore della Creazione, del vivere, e quindi anche del dolore e della morte. Senza questo orizzonte proprio dell'umana natura - lo stupore - tutto assume il sapore del niente, del drammaticamente vuoto ed inutile.

Si potrebbe dire che, per evitare un declino nichilista, l'uomo si rifugia in un'idea di Assoluto che non corrisponde all'empirico, che gli sfugge. E' come se l'uomo, incapace di stare di fronte alla complessità della vita, mettesse in campo l'autodifesa di un dio inventato ed inesistente. Nell'uomo, per Feuerbach, prende piede un meccanismo psicologico che fa nascere un essere fuori di me che pensa sempre il Vero, agisce in maniera onnipotente e che è capace di amore infinitamente buono e misericordioso. Tutte queste sono, per la sinistra hegeliana, le domande di fondo del proletario che, non trovando risposta nella realtà, devono essere attribuite a un dio ignoto che vive oltre l'esperienze e, anzi, possibilmente la ignora.

Ma è proprio nell'esperienza che ci si accorge che il Reale non può essere tutto qui, alla portata dei sensi. Ci deve essere un Oltre, un carattere misterioso che investe la storia. Già gli antichi infatti ci dicono di questa sproporzione che il cuore incessantemente richiama. Tacito, a tal proposito , appunta nel "Germania": "Secretum illud, quod sola reverentia vident, hoc Deum appellant - Ciò che gli antichi Teutoni percepivano in timore e tremore, questo chiamano Dio".

Il fatto religioso, per quanto ignoto e misterioso sia, è strutturale a livello di intelligenza umana. Potremmo addirittura dire che senza il "Senso religioso" l'uomo non saprebbe interpretare neanche una sola giornata che gli viene offerta; di conseguenza la vita tutta perderebbe di significato. Non varrebbe più la pena vivere. In definitiva l'uomo non sarebbe più uomo. Ci vuole una dimensione di alterità che sia in grado di far paragonare all'Io il cuore con la Vita stessa e con Chi la vita la crea e la rinnova, minuto per minuto, battito per battito.


Filippo


L'adorazione dei Pastori, Giulio Romano - Louvre, Parigi
L'adorazione dei Pastori, Giulio Romano - Louvre, Parigi

Questo olio su tavola di Giulio Romano, anche se la scena che rappresenta è quella della Natività, mette in primo piano la figura di San Longino, il centurione romano che trafisse il costato di Gesù Crocifisso facendo sgorgare sangue ed acqua, segno della Chiesa e dei sacramenti. Storicamente la presenza del soldato al momento della nascita di Cristo è improbabile, ma è significativo l'inserimento di questo personaggio - che comparirà poi sul Calvario - da parte del Romano, come a sottolineare una ricerca di senso di Longino. Il militare presente nell'istante in cui Dio si fa carne ci dice il suo desiderio "innato" di un Tu a cui attribuire tutto il suo sforzo umano. Longino afferma la sua presenza fin dall'inizio dell'esperienza di Gesù su questa terra. Il senso religioso dell'uomo è innato. Anche se il Tu è evidente, come in questo caso (aveva il Figlio di Dio davanti agli occhi) serviranno degli anni a San Longino per convertirsi, per essere investito completamente dalla Gloria di Cristo, che lo fa esclamare, in un grigio pomeriggio di Gerusalemme, «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39). 


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