C'è Uno che mi strappa dal nulla

31 MARZO 2024
Pasqua del Signore


"Mors et Vita duello conflixere mirando - Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello". La sequenza pasquale ci suggerisce poche ma decisive parole che indicano l'eccezionalità di ciò che celebriamo nella Notte Santa; la Pasqua viene presentata come il campo di battaglia di uno scontro dove non c'è reale duello. E' innegabile: la morte sembrerebbe prevalere. Quindi ci chiediamo se "Ci può essere vera partita quando si conosce in anticipo il risultato?" (Juan Carròn, C'è speranza?, p.2)

La storia del mondo e l'umanità intera stanno sulla soglia di questo "prodigioso duello". E' in questa sfida, quella tra la vita e la morte, che si gioca il desiderio di eternità insito nel cuore. A seconda di chi sarà il vincitore la salvezza prenderà una piega di riscatto eterno, oppure di apatia eterna, di tutto perduto, di occasione sprecata. «È un fatto che se Cristo non fosse risorto, il "vuoto" sarebbe destinato ad avere il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c'è scampo per l'uomo e ogni sua speranza rimane un'illusione. Ma proprio oggi [il giorno di Pasqua] prorompe con vigore l'annuncio della risurrezione del Signore, ed è risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro di Qoèlet: "C'è forse qualcosa di cui si possa dire: / Ecco, questa è una novità?" (Qo 1,10). Sì, rispondiamo: nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato. "Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa". Questa è la novità! Una novità che cambia l'esistenza di chi l'accoglie». Senza la risurrezione di Cristo non ci sarebbe vero duello. Come dicevamo all'inizio, la morte è destinata a vincere, portando con sé il vento del nulla, del male, del peccato. L'annuncio del «fatto», intendiamoci, non predetermina il duello, che si gioca in ciascuno di noi, ma lo rende tale e, nel senso detto, effettivamente possibile, lo scatena.

La questione fondamentale, inalterabile e inalterata nei secoli fino ad oggi, è che c'è qualcuno - spettatore del campo di battaglia - che questo fatto, l'avvenimento del sepolcro vuoto, di un morto che cammina, l'ha vissuta e ne è stato tanto provato da scriverlo nero su bianco. Questi attimi sono stati annotati come segno per la memoria dell'umanità, per far sì che quell'esperienza di eccesso - di totalmente altro rispetto a ciò che il mondo aveva conosciuto fino a quella domenica mattina, un morto che torna in vita, apparentemente incomunicabile - incarni la Buona notizia per il mondo, per ogni uomo di ogni tempo.

"Ho scritto di questo avvenimento perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome" (cfr. Gv 20,30-3). Avere la vita nel suo nome significa vivere in questo mondo ma con il desiderio rivolto ad Altro, a Colui che supera ogni limite, che rovesciando la pietra del sepolcro rovescia il duello tra morte e vita. Nella storia del mondo c'era il limite, il confine della morte, il nulla. Dopo quel mattino, dopo l'arrivo delle donne sulla tomba di Cristo, dopo la corsa dei Suoi, quel confine che sembrava impossibile da superare è stato abbattuto. La Risurrezione, culmine del mistero cristiano, ci toglie dalla categoria del "nulla". C'è stato Uno che ha vinto il duello di cui pensavamo che il risultato fosse tragico, facendo esplodere la storia in un impeto di speranza per sempre. La Risurrezione è l'epifania della Speranza. Il miracolo della Speranza. Il cristianesimo è questo: una speranza che per me, oggi, si trasforma in certezza. Senza neanche averlo visto con i miei occhi, grazie al passaparola che la Chiesa custodisce da due millenni a questa parte, posso dire: "Dux vitæ mortuus, regnat vivus. - Il Signore della vita era morto, ora, regna vivo".

La vittoria del Signore della vita è la ferma certezza che oltre alla mia pochezza di uomo, al mio essere "piccolo e meschino", alle croci che la vita porta con sé, c'è la promessa di un per sempre, di un Eterno che si è incarnato per dirmi "Coraggio: io ho vinto il mondo!" (Gv 16,33). Io ho vinto il niente. Io ho vinto il tuo niente. "Tutto l'Io è stato redento in Lui, per questo Cristo è la nostra speranza" (cfr. Angelo Bagnasco, Via crucis meditata dal Cardinale, p.). E per non dimenticarci di questo evento, di questo risultato di Speranza, Cristo ci ha dato la possibilità di riviverlo quotidianamente nell'Eucaristia. Siamo in questo mondo, di fronte alle nostre terribili fatiche, ma contemporaneamente siamo sulla soglia del Sepolcro per condividere lo stupore ultimo di Maria di Magdala, che è lo stesso stupore in cui è immersa la Chiesa. E alla Chiesa è affidata "L'Eucaristia come gesto quotidiano, segno efficace del Mistero della Risurrezione che rende ragionevolmente accettabile l'altrimenti incompiuto umano; è il segno efficace dell'eterno che emerge nel contingente, nell'effimero della mia vita; è il segno più grande di ciò che rende la mia vita storia di verità e di amore".

E' inevitabile che nasca così la preghiera di vivere sempre all'altezza di questo stupore, di questa realtà eterna, dell'esserci di Uno che mi strappa dal nulla per dirmi «Io, il Cristo, tua speranza, sono risorto» e "Sono con te fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).


Filippo


I santi Giovanni e Pietro al sepolcro, Giovanni Francesco Romanelli - County Museum of Art, Los Angeles
I santi Giovanni e Pietro al sepolcro, Giovanni Francesco Romanelli - County Museum of Art, Los Angeles

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