La nostalgia della casa del Padre
3 NOVEMBRE 2023
Nelle ultime settimane sono stato immerso nella bellissima esperienza delle giornate pro Seminario, durante le quali sono chiamato a dare testimonianza del mio "Sì" alla chiamata del Signore alla vocazione sacerdotale. E' grazie a questo momento che è tornata in me evidente la condizione di figliolanza e, più in generale, l'importanza della paternità nell'educazione del cuore e nella vita di Fede. L'uomo si trova sempre in questa posizione di figliolanza perchè "dipende", non solo in qualche aspetto dell'esistenza, ma in tutto. Osservando l'esperienza scopriamo l'innegabile dipendenza da un Altro che ci ha fatti, ci fa e continuamente ci conserva nell'essere, e che inserisce nel nostro cuore una nota di nostalgia dell'Infinito, come suggerisce il filosofo greco Plotino.
Spesso don Luigi Maria Epicoco sottolinea come sia lampante il fatto che la crisi educativa che sta aggredendo i giovani di oggi sia il risultato di una profonda mancanza di padri radicalmente consapevoli dell'importanza di essere "padre", probabilmente perchè essi stessi hanno accusato questa difficoltà. Ciò lo si può notare a livello ecclesiale, istituzionale-politico, scolastico e, soprattutto, familiare. Il quadro in cui si muove questo smarrimento è quello della mancanza di una compagnia, ossia di un conforto e di un confronto per la vita e per il cammino verso il compimento: l'incontro con il Signore presente. È la stessa condizione in cui si trova Giobbe, nome la cui etimologia è molto interessante, visto che un possibile significato è: Dov'e mio Padre? Se è vero che la religione è ciò che l'uomo fa nella sua solitudine, è altrettanto vero che questo è il contesto in cui il cuore scopre la sua essenziale compagnia, il suo dipendere, il suo essere figlio.
Se ci pensiamo la compagnia è la novità stessa del cristianesimo. La Trinità è relazione, è compagnia. Poi Dio si fa carne condividendo tutto con l'uomo, eccetto il peccato. E' per questo motivo che quelli che incontravano Cristo rimanevano da subito stupiti e rapiti: Egli assumeva la compagnia definitiva per la vita. Lo sguardo con il quale li fissava era diverso da tutti gli altri. Erano guardati fino in fondo, era Lui l'origine e il compimento dell'Essere. E' l'esperienza che ha fatto il giovane ricco, che gli corre incontro perché riconosce un di più in quell'uomo, «Allora Gesù, fissando lo sguardo su di lui, lo amò» (cfr. Mc 10,21). Nonostante ciò il giovane non si aspettava di entrare in una relazione così radicale, che assume in sé tutto l'umano e che pretende tutto «Va', vendi tutto, e seguimi» (cfr. Mc 10,21). Dall'andarsene sconsolato del ragazzo comprendiamo l'importanza della compagnia di fronte alla radicalità della Fede. E' grazie alla compagnia che la Chiesa incarna che riconosciamo il Tu in cui si manifesta Dio Padre.
Torno ora alla mia esperienza di figliolanza: ho potuto conoscere, grazie alla compagnia della Chiesa, varie figure rappresentanti la paternità, che mi accompagnano in questo rapporto con il Tu che mi fa. Su tutti don Giussani, in virtù della sua paternità sacerdotale appassionata nel comunicare Cristo. Infatti chi vive tanto intensamente il rapporto con Cristo si trova in una posizione desiderabile; indicare Cristo agli altri è essere esempio, essere compagnia ed essere padre. Si fa chiara così l'azione dello Spirito Santo che santifica la vita ecclesiale e che ci inserisce nel Corpo mistico di Cristo.
Per noi seminaristi questo deve essere l'orizzonte della vita, sentirci fino in fondo figli del Padre, per poter guidare chi incontriamo nel vivere già quaggiù un anticipo della casa del Padre, di cui sentiamo un'instancabile nostalgia.

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