Un nuovo inizio

1 DICEMBRE 2020

Questa parte del sito è basata su un tema apparentemente lontano dal vissuto dai ragazzi del nostro tempo: Dio.

Ciò non ci spaventa perché siamo sicuri che le provocazioni che vogliamo proporvi in questa sezione riguardano in maniera concreta l'esperienza di vita di ogni adolescente. Questa è la fase in cui bisogna prendere in mano la propria vita, cercando di rispondere alle cosiddette "domande esistenziali" che sorgono nel cuore di chi vuole seriamente mettersi in cammino.

Come oggi, primo dicembre, inizia l'avventura di questo sito, allo stesso modo, domenica scorsa sono iniziati il nuovo anno liturgico (cioè l'anno in cui la Chiesa, con la sua sapienza, ci permette di meditare i Misteri della vita di Cristo, tema che magari verrà affrontato prossimamente) e il tempo dell'Avvento. Questo periodo, l'Avvento, mette al centro l'attesa, e fa sì che possiamo soffermarci su varie parole che toccano concretamente la vita di ogni adolescente, come si diceva in apertura di articolo.

Le Letture di questa domenica permettono di farci riflettere su due temi molto belli e toccanti. Il primo punto sul quale vorrei soffermarmi è quello della lontananza da Dio. La Prima Lettura inizia con la domanda del profeta Isaia che dice: "Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?". Questa lontananza da Dio è un fatto che, da sempre, è presente nel mondo e, probabilmente, in molti casi, l'invocazione che il Profeta fa a Dio: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" potrebbe essere anche quella dei ragazzi di oggi, i quali non riescono a credere a ciò che non vedono o che non riescono a percepire con i sensi. Questo è un problema della nostra società, la quale fa fatica a vivere ed a credere a tutto ciò che con i sensi non si riesce a percepire (basta pensare all'amore e alle relazioni sentimentali di questi tempi).

La testimonianza che vi vorrei dare in base alla mia esperienza di vita, ed anche alla luce di questo brano del profeta Isaia, come riportato nel testo: "Ma, Signore, tu sei nostro padre", è che noi, anche inconsapevolmente, abbiamo un Padre che ci ama sopra ogni cosa. Questa Sua paternità nei nostri confronti ci deve dare la certezza di essere amati da UN padre con un cuore talmente grande che ci lascia anche liberi di rinnegarlo e di allontanarci da Lui.

La seconda parola è quella della Vigilanza e dell'attesa, descritta nel brano evangelico presentatoci dalla liturgia di domenica (Marco 13,33-37). Queste due parole sono correlate e presenti nella vita di ognuno, a partire dalle cose più piccole. Pensiamo all'attesa di un evento a cui teniamo particolarmente, oppure a cose più grandi, come l'amore di coppia.

Gli atteggiamenti che toccano la nostra quotidianità non sono che un riflesso di quell'attesa e quella vigilanza che la Chiesa ci chiede di avere nei confronti della Venuta, sia quella che ricordiamo nel Natale, sia quella della fine dei tempi, durante la quale Gesù verrà in maniera definitiva a "rinnovare la faccia della terra". Tutti i momenti di attesa della nostra vita, quando saranno "soddisfatti", faranno spazio ad altre nuove attese, le quali, a loro volta, devono essere colmate.

La speranza che Gesù invada la nostra vita è l'unica che, una volta che si compirà, quando gli "apriremo la porta dei nostri cuori", permetterà di dare una risposta a molte di quelle domande che noi, inspiegabilmente, abbiamo nella nostra vita e nel nostro cuore. Inoltre, a questi interrogativi, in molti casi non siamo in grado di dargli un nome ed un Volto ben preciso.

Questo nome e questo volto è quello di Gesù Cristo.


Giovanni



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